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Felicità, gioia e beatitudine... distinguiamole!


Sarà utile fare una distinzione fra felicità, gioia e beatitudine. 

La felicità ha sede nelle emozioni ed è una reazione della Personalità

La gioia è una qualità dell’Anima e viene realizzata nella mente, quando ha luogo l’allineamento. 

La beatitudine appartiene alla natura dello Spirito ed è inutile fare speculazioni al riguardo, fintanto che l’Anima non sia giunta all’unificazione con il Padre
Questa unificazione segue lo stadio anteriore in cui il sé personale si è unificato con l’Anima. 
Perciò, analisi e speculazione sulla natura della beatitudine sono vane per l’uomo comune, le cui terminologie e metafore devono necessariamente essere personali e connesse al mondo dei sensi. 

L’aspirante [spirituale] parla di felicità o di gioia? 
Se si tratta di quest’ultima, essa deve essere un effetto della coscienza di gruppo, della solidarietà di gruppo, del senso d’unione con tutti gli esseri e non può essere interpretata in termini di felicità. 
La felicità è ciò che si prova quando la Personalità viene soddisfatta in qualche aspetto della sua natura inferiore; si prova quando vi è un senso di benessere fisico, di contentezza nei confronti del proprio ambiente o di personalità che ci circondano, o di soddisfazione nelle opportunità e nei contatti mentali. 
La felicità è la meta del sé inferiore separato. 

Tuttavia, quando cerchiamo di vivere come Anime, la contentezza dell’uomo inferiore perde d’importanza e proviamo gioia nelle relazioni di gruppo e nel realizzare le condizioni che conducono ad una migliore espressione delle anime di coloro con cui siamo in contatto. 
Apportare gioia ad altri per creare condizioni in cui essi possano meglio esprimere se stessi può avere un effetto fisico, se cerchiamo di migliorare le loro condizioni materiali, o un effetto emotivo se la nostra presenza infonde loro un senso di pace ed elevazione, oppure l’effetto può essere intellettuale se li stimoliamo a maggior chiarezza di pensiero e comprensione. 
Ma l’effetto su di noi sarà la gioia, poiché la nostra azione è esente da egoismo ed interesse personale e non dipende dalle circostanze o dalle condizioni sociali dell’aspirante. 

Molta felicità è necessariamente impedita quando la salute è malferma, quando le circostanze ambientali sono difficili e si è oppressi dal “karma accumulato in molte vite”, oppure quando turbamenti nella famiglia, nella Nazione o nella razza, gravano sulla personalità sensibile. 
La felicità della giovinezza o la contentezza egoistica della persona isolata nell’egocentrismo (che si nasconde dietro il riparo dei suoi desideri) non deve essere confusa con la gioia. 

È un luogo comune e anche un paradosso dell’occultismo affermare che in mezzo alla profonda angoscia e infelicità della Personalità, la gioia dell’Anima può essere sentita e riconosciuta
Questa è la Verità e a ciò deve mirare ogni studente. 

Vi sono persone felici perché chiudono gli occhi alla Verità o sono autoipnotizzate e si nascondono in un guscio di illusione. 

Ma l’aspirante raggiunge spesso lo stadio in cui i suoi occhi sono ben spalancati; egli ha imparato a parlare con sé stesso il linguaggio della Verità e non ha costruito una parete di separazione fra sé e gli altri. 
Egli è vivo e desto, è sensibile e spesso soffre. 
Egli talvolta si chiede perché ciò che il mondo chiama felicità e pace lo abbiano abbandonato, e quale sarà l’esito.


Maestro Djwahl Khul
pagg. 369-370

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